Giorgio de Chirico

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Giuseppe Maria Alberto Giorgio de Chirico nacque a Volo, capitale della Tessaglia, in Grecia, il 10 luglio del 1888 da genitori italiani appartenenti alla nobiltà: il padre Evaristo (figlio del barone palermitano Giorgio Filigone de Chirico) era un ingegnere ferroviario, tra i principali realizzatori della prima rete su rotaie in Bulgaria ed in Grecia; la madre era la baronessa di origine genovese Gemma Cervetto. Entrambi i genitori erano nati a Costantinopoli. Nel 1891 morì Adelaide la sorella maggiore e ad Atene venne alla luce il fratello Andrea Alberto, che assumerà dal 1914 lo pseudonimo di Alberto Savinio per la sua attività di musicista, letterato e pittore. Per i primi diciassette anni di vita visse In Grecia tra Volo e Atene, imparò infatti il greco moderno. Nel 1896 la famiglia tornò da Atene a Volo e de Chirico prese le prime lezioni di disegno dal pittore greco Mavrudis, successivamente dal pittore e soldato Carlo Barbieri e dallo svizzero Jules-Louis Gilliéron. Nel 1899 frequentò brevemente il Liceo Leonino di Atene e poi tornò a studiare in casa con maestri privati: studia l’italiano, il tedesco, il francese e la musica. Nel 1900 Giorgio si iscrisse al Politecnico di Atene per intraprendere lo studio della pittura (in quegli anni dipingerà la prima natura morta). Nel 1906, insieme al fratello e alla madre, lasciò la Grecia per l’Italia, dove visitò Milano e si trasferì a Firenze frequentando l’Accademia di belle arti di Firenze. Nel 1907 si iscrisse all’Accademia delle belle arti di Monaco di Baviera; in quel periodo conobbe l’arte di Arnold Böcklin e di Max Klinger.

Nell’estate del 1909 si trasferì a Milano, dove già risiedevano la madre e il fratello; all’inizio del 1910 si recò a Firenze insieme alle madre dove dipinse la sua prima piazza metafisica, l’Enigma di un pomeriggio d’autunno, nata dopo una rivelazione che ebbe in piazza Santa Croce. Dal 1911 al 1915 de Chirico visse a Parigi, dove abitava il fratello Alberto, partecipò al Salon d’Automne e al Salon des Indépendants e frequentò i principali artisti dell’epoca come Guillame Apollinaire, Max Jacob e Pablo Picasso. Fu soprattutto la frequentazione con Apollinaire a influenzarlo. Cominciò quindi a realizzare quadri con uno stile più sicuro. Subì l’influenza di Paul Gauguin, da cui presero forma le prime rappresentazioni delle piazze d’Italia.

Tra il 1912 e il 1913 la sua fama si diffuse, anche se ancora non ottenne un adeguato tornaconto economico. In questo periodo iniziò a dipingere i suoi primi manichini. Negli anni parigini Giorgio compì alcune delle opere pittoriche fondamentali per il XX secolo. Allo scoppio della prima guerra mondiale i fratelli de Chirico si arruolarono volontari e vennero inviati a Ferrara, ove furono ricoverati nella villa del Seminario. Dopo un primo periodo di disorientamento dovuto al cambiamento di città, Giorgio rinnovò la propria attività, non dipinse più grandi piazze assolate ma nature morte con simboli geometrici, biscotti e pani. In questo periodo a Ferrara i de Chirico vennero a contatto con Carlo Carrà, anch’egli qui ricoverato, e Filippo de Pisis, dei quali saranno sovente ospiti nell’eclettico appartamento da questi occupato nel palazzo Calcagnini, in via Montebello dove la famiglia Tibertelli de Pisis abitava all’epoca in affitto dal conte Giovanni Grosoli, che verosimilmente colpisce molto la sensibilità metafisica dei due fratelli.

Nel 1924 e nel 1932 partecipò alla Biennale di Venezia e nel 1935 alla Quadriennale di Roma.

Nel 1936 e 1937 si stabilì a New York, dove la Julien Levy Gallery espose le sue opere. Collaborò inoltre con le maggiori riviste di moda del tempo, Vogue e Harper’s Bazaar e lavorò come decoratore di interni, realizzando ad esempio una sala da pranzo presso la Decorators Picture Gallery assieme a Picasso e Matisse.

Negli anni cinquanta la sua pittura era caratterizzata da autoritratti in costume di tipo barocco e dalle vedute di Venezia. Nel frattempo collaborò a varie riviste e giornali, tra cui Il Meridiano d’Italia di Franco Servello (sul quale avviò una polemica contro Picasso e il modernismo), Candido, Il Giornale d’Italia.

Nel 1944 si trasferì a Roma, in Piazza di Spagna, dove aveva anche il suo atelier. Negli anni sessanta lavorò nel suo studio Massimiliano Fuksas. Morì a Roma il 20 novembre del 1978 al termine di una lunga malattia. Pochi mesi prima, il suo novantesimo compleanno era stato celebrato in Campidoglio. Il suo sepolcro si trova in una cappella, a lui dedicata, nella chiesa di San Francesco a Ripa: qui è situata la tomba del venerabile Antonino Natoli da Patti, di cui il pittore era devoto e benefattore dell’Ordine dei Frati Minori. Vi sono esposte tre opere donate dalla vedova Isabella Pakszwer: un autoritratto, la Donna velata con le sembianze della moglie e la Caduta di Cristo.

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